Questo lavoro prova a domandarsi come si stia tramandando il sapere attualmente, cosa stiamo imparando da questa società capistalista? 

sommersa dalla svalorizzazione materiale e intelettuale, la mano che tramanda il sapere, e che diventa mano d’opera aservita al capitale, rinuncia all’autorship nel rischio futuro della delegazione in forma immateriale, dove tutto potrebbe scomparire di colpo 

 

ho una sovrabbondanza di contenitori e una fragilità di contenuto, che viene ulteriormente frammentato dalla serializzazione e che indirettamente mette in discussione se non ci sia cosa piu anticha che la perdita di autonomia della conoscenza, e se vogliamo continuare a tramandarla?  

È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo
e un'altra luce alla fine del tunnel è un'altra luce.
Nessuna giovinezza, un mondo finito; esempi che hanno la scontentezza di chi s’interroga, ma
anche la serenità ignara dei reperti, ammassati, sembra quasi abbandonati.
Posato in un angolo, un classico sacchetto del Ikea blu e giallo, avvolge quasi come un cielo in se
una scatola di cartone che come un tramite nella sua neutralità, usurata e vissuta, le botte, le
tracce di umido quasi nuvole e tracce di scotch ,è stata aperta ma che è stata anche chiusa e ora
è lì, semi aperta con al suo interno 40 angeli, lo stesso , in serie, dipinti a mano, in ceramica, con
abiti in tessuto, ognuno nelle sua propria scatolina originale De Agostini il mondo del presepe
 
Andrea Istvan Franzini
 
 
 
 

Con degli angioletti inscatolati in serie, dipinti a mano con leggere differenze è inevitabile non vedere l’ipocrisia, il fallimento e la prossimità alla fine del sistema socio-economico attuale.

Non sono quindi necessari voli pindarici per tradurne la retorica sotto questo aspetto, niente di originale insomma.

Ma è più facile figurarsi la fine del mondo che quella del capitalismo per molti, cosa che da immaginare risulta infatti più ardua. Questo stesso deficit cognitivo tocca in sorte agli oggetti, noi vediamo lo squallore o la tristezza di questi angioletti incapacitati, messi così in una scatola, di produrre il senso e il valore simbolico e popolare per cui erano stati disegnati, o almeno per il quale alcune persone li hanno innocentemente comprati. Come riscattare dalla malefica catena tanto i prodotti quanto i produttori?

Il problema di questo deficit dell’immaginario sta annidato nella produzione stessa di esso, ove vediamo un’abbondanza di produzione volta a immaginare la fine del mondo non troviamo invece lo spazio per produrre un immaginario volto alla fine del capitalismo e di tutti gli squilibri a esso legati che non sia la fine del mondo ma un cambio di paradigma. Questi oggetti hanno una loro indipendenza dal sistema che li ha prodotti proprio come la mano che li ha dipinti e che ha rinunciato per contratto a porvi una firma, al contrario della casa produttrice che ha invece imposto il suo logo con tanto di copyright.Forse rinunciare consapevolmente all’autorialità, ai privilegi e alla violenza che questa impone come forma di potere sugli oggetti, sarebbe un ambizioso primo passo per iniziare a immaginare ciò che per ora sembra l’inimmaginabile.

Testo di Emiliano Furia
 
misure, 60x40x40 circa